FRIEDRICH SALOMON PERLS
americanizzò il suo nome prima in Frederick, poi in Fritz, nasce a Berlino nel 1893 da una famiglia ebrea ed ebbe una vita complessa, violenta e drammatica.
La madre, che morirà con una delle sorelle in un campo di concentramento nazista, è una donna religiosa, della piccola borghesia che trasmetterà al figlio l’amore per il teatro.
Il padre, un commerciante di vini e massone militante, è un uomo impulsivo e violento e avrà con il figlio una relazione fortemente conflittuale.
Pur coltivando una forte passione per il teatro, che lo accompagnerà per tutta la vita, si iscrive a medicina e nel 1926 inizia un’analisi personale con Karen Horney.
La psicoanalisi
Decide allora che la psicoanalisi è il suo futuro.
A Francoforte diventa assistente di Kurt Goldstein, che a partire dagli studi sulla Psicologia della Gestalt, lavora sui disturbi della percezione.
Nello stesso ambiente conosce Laura Polsner, che sposa nel 1929, e che diventerà la sua prima collaboratrice nello sviluppare il suo nuovo orientamento nella psicoterapia.
A Vienna riprende l’analisi con Eugene Harnick, un ungherese così appassionato dall’idea della neutralità del terapeuta da evitare persino di stringere la mano ai clienti.
Un’esperienza che inciderà sull’elaborazione della divergenza nei confronti della pratica psicoanalitica tradizionale.
W. Reich
Resta invece affascinato dalla personalità di W.Reich e l’incontro con questo psicoanalista attivo, aperto a problematiche politiche,
che non esita a mettere le mani sui suoi pazienti per favorire la presa di contatto con i blocchi della corazza muscolare,
rappresenterà un fattore di fondamentale importanza nella successiva evoluzione della formazione di Perls.
L’ascesa del nazismo
L’ascesa del nazismo lo porta a fuggire a Johannesburg dove lavora per molti anni e dove, nel 1934, fonda l’Istituto Sudafricano di Psicoanalisi.
“Ego, Hungher and Aggression”
In Sud Africa, nel 1942, pubblica la sua prima opera “Ego, Hungher and Aggression”, è con quest’opera che comincia ad esplicitarsi la sua presa di distanza da Freud.
Egli stesso dirà che quest’opera costituisce la transizione tra la psicoanalisi ortodossa e la terapia della Gestalt.
Nell’introduzione a questo libro scrive:
Quest’opera si articola intorno alla teoria secondo la quale l’organismo lotta per mantenere il suo equilibrio continuamente turbato dai propri bisogni e ritrovato mediante la loro eliminazione o soddisfazione”
Parlando poi di questi bisogni egli ridimensiona l’importanza dell’istinto sessuale a favore di un istinto che gli sembra molto più determinante e cioè quello della fame.
Perls ritiene che l’ingerire e il rifiutare il cibo determini i modelli di vita del paziente più di quanto Freud avesse pensato e il parallelismo che egli compie,
tra l’ingestione di cibo e l’ingestione di modelli parentali e sociali,
darà origine a feconde intuizioni nella terapia della Gestalt.
Questi concetti, infatti, si ritroveranno nella definizione di “introiezione”,
di “gestalt non conclusa”,
di “mancanza di consapevolezza” ecc.
Il Sud Africa
Nel 1946 Perls decide di dare una svolta alla sua vita, a 53 anni, lascia il Sud Africa ed emigra in America.
Viene aiutato ad inserirsi nel nuovo paese, da amici come
Karen Horney,
Erich Fromm,
Clara Thompson.
Come già in Sud Africa si crea presto dei nemici e dei denigratori, a causa della sua vita personale sregolata, istintiva e del tutto indifferente alle convenzioni sociali.
Non viene accettato tra i membri dell’Istituto di Psicoanalisi ma sviluppa sempre più il suo nuovo approccio e fonda,
con Laura Perls e Paul Goodman,
un gruppo di studio e di formazione professionale.
“Gestalt Therapy”
Questa esperienza lo porta con R.F.Hefferline e P.Goodman alla stesura dell’opera collettiva “Gestalt Therapy” che viene pubblicata nel 1951 e che porta a compimento le sue intuizioni, oltre a dare il nome all’approccio terapeutico di Perls.
Tra il ’52 e il ’54 fonda i primi Istituti di Gestalt che lascia, tuttavia, a Laura e a Goodman, mentre lui si dà a continui viaggi per presentare il nuovo metodo di lavoro.
Il suo spirito libertario lo porta lontano dagli ambienti professionali, ai quali preferisce il contatto con pittori, musicisti e gente di teatro.
Si espone a stimoli sempre nuovi e si butta in una serie incredibile delle più disparate esperienze: lo psicodramma di Moreno, il Buddismo, lo Zen, viaggi in Giappone.
Un suo collega ha detto di lui:
”Aveva una terribile curiosità ed un grandissimo desiderio di ingerire e digerire tutte le idee intellettuali di tutti i tipi; a questo si aggiungeva un’ambizione che lo consumava.
Grossa esperienza, grande ambizione ed un’enorme frustrazione: fin dall’inizio dunque interveniva qualcosa che aveva a che fare con la Terapia della Gestalt. “
Questa inesausta tensione ad integrare elementi teorici ed applicativi di diversa estrazione, sarà all’origine di una crescente divaricazione,
tra Perls (e la scuola che successivamente verrà denominata come californiana o della West Coast) e gli istituti della East Coast,
dove Laura Perls e Paul Goodman,
si attengono ad una metodologia di lavoro più ancorata agli schemi classici della interazione verbale.
La California già prima degli anni sessanta, era un punto di incontro di nuove visioni che venivano dall’oriente e di esperienze libertarie (movimento hippy ecc.) ed Esalen fu fondato come una comune, un centro di crescita sulla scia della grande tradizione americana delle comunità.
Perls vi entrò nel 1964 e cominciò a formare dei gruppi per terapeuti, divenne presto famoso a Esalen per la sua genialità e per la sua eccentricità.
Era un uomo estremamente complesso, carico di umorismo, un po’ guru, un po’ satiro, seduttivo e irascibile, egocentrico e tenero.
Da quanto raccontano di lui le persone che lo contattarono negli ultimi anni della sua vita, fu un uomo non solo geniale ma anche un profondo conoscitore dell’animo umano, con una forma di saggezza, a volte ruvida e non facile da condividere, che tuttavia rendeva l’incontro con lui estremamente interessante.
Ma una specie di inquietudine crebbe in Perls negli ultimi anni a Esalen e si rese conto che qualcosa doveva essergli sfuggito di mano se arrivò a dire che:
“Siamo ormai troppo abituati agli affioramenti improvvisi”
oppure ancora:
“ dei giovani senza formazione guidano gruppi d’incontro.
Mandando al diavolo le diagnosi ci prendiamo gioco dei casi limite! “.
Questa nuova inquietudine e il desiderio di creare qualcosa di esclusivamente suo lo portarono, nel giugno del 1969, al culmine del suo successo, a trasferirsi con una trentina di collaboratori sulle rive del lago Cowichan in Canada, per dare vita ad un’esperienza comunitaria ispirata dalle esperienze dei Kibbutz che in quegli anni esercitavano un forte impatto sulla cultura alternativa.
Lì concluse anche un volume autobiografico dal titolo inconsueto e provocatorio “IN and OUT the Garbage Pail “ – “Dentro e fuori dal bidone della spazzatura”.
Nell’inverno del 1969 durante un viaggio cominciò a sentirsi male e fu ricoverato a Chicago.
L’autopsia rivelò un tumore al pancreas.
Morì il 14 marzo 1970 all’età 77 anni.
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