Dipendenze
“Le dipendenze possono essere considerate come una prassi saturata da una epistemologia totalitaria che può configurarsi come un attacco al legame sistematicamente attuato, attacco al legame teso a controllare, fino ad annullarle, tutte le parti emotivamente più calde dell’esperienza.
Un’ epistemologia caratterizzata da un pensiero monistico che trova attuazione nel rac-chiudersi, pietrificandosi, nel cerchio ininterrotto della coazione a ripetere come unico iperadattamento possibile di fronte all’imprevedibilità dell’irruzione della storia, del divenire temporale, dell’inevitabile e continuo, confronto e incontro, con sè stessi e con l’alterità e la diversità.”*
“Ogni dipendenza è strutturata e organizzata da un codice di valori emotivi sottostante.
Le teorie psicologiche che parlano solo dei traumi del passato non sono in grado di vedere questa importante dimensione antropologica.
Faccio un esempio:
la dipendenza, anche affettiva, presuppone sempre la convinzione di fondo che qualcosa o qualcuno risolva, eliminandolo, il problema del rapporto con gli altri esseri umani, percepito come oppressivo, doloroso, terrorizzante.
Quando la dipendenza si è instaurata ha ormai dinamiche sue proprie (e annulla temporaneamente l’enorme angoscia del confronto con gli altri); ma alla sua origine, e sempre alla sua base, ha l’idea che l’essere umano sia oppressivo e predatorio (“homo homini lupus”) e che quindi una dipendenza sia sempre preferibile a una relazione umana autentica e “adulta”.**
Nel caso di dipendenze da sostanze non è possibile pensare alla psicoterapia come via rapida e semplice per superare le forme di dipendenza chimica e non è utile sperare in soluzioni miracolose e rapide.
Questo passaggio può presupporre tempi anche molto lunghi di maturazione ma è spesso inevitabile portare il paziente a farsi carico del problema e della necessità di inserire cambiamenti strutturali nella propria vita.
Lo psicoterapeuta può accompagnare il paziente a prendere consapevolezza del problema, senza negarlo o minimizzarlo, e a comprendere il percorso biografico che lo ha portato a questa condizione sostenendolo nel cammino di cambiamento intrapreso.
Tuttavia personalmente non ho le competenze per seguire persone che stanno vivendo una condizione di dipendenza da sostanze o da gioco d’azzardo.
Questo non deve essere considerato un rifiuto della persona ma il riconoscimento di un personale limite professionale.
Credo sia più utile in questi casi un percorso più strutturato e consiglio come prima cosa di rivolgersi al proprio medico di fiducia
(con il quale si può parlare della propria condizione liberamente in quanto è tenuto al segreto professionale)
per avere le migliori indicazioni riguardo il percorso personale da intraprendere e che saprà indicare il tipo di professionista o la struttura più indicata per affrontare il proprio disagio.
Psicologo Milano – Via San Vito, 6 (angolo Via Torino) – MILANO Cell. 3477966388
* Proff. Luigi Cancrini
** Di Nicola Ghezzani nicolaghezzani.altervista.org
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