Gli Psicoterapeuti di indirizzo cognitivo-comportamentale adottano un punto di vista fondato su una lunga tradizione di ricerca scientifica, che inizia con i primi studi di Pavlov sui riflessi condizionati e prosegue tutt’oggi con migliaia di studi sperimentali. I terapeuti che adottano la prospettiva cognitivo-comportamentale presumono che il “sintomo” sia l’espressione di un precedente apprendimento di schemi comportamentali, emotivi e di pensiero errati o disadattivi, derivanti da peculiari esperienze di vita del paziente, eventualmente mantenuti da un contesto interpersonale patogeno nel presente.
Il soggetto che li mostra viene pertanto considerato portatore di strutture cognitive non adeguate o di processi cognitivi inadatti a selezionare e ad elaborare in modo funzionale gli stimoli ambientali. Lo psicoterapeuta in questo caso può attuare, con l’aiuto del paziente, tecniche di condizionamento o decondizionamento sperimentalmente, al fine di modificare in modo diretto le risposte emozionali e gli schemi che si sono rivelati disadattivi, o sostituirli con nuovi schemi più funzionali, tramite esperienze, come l’esposizione a stimoli prima evitati o a comportamenti di tipo nuovo che possono essere attuati con prescrizioni comportamentali.
Un esempio è l’acquisizione di nuove abilità, come più efficaci competenze comunicative, tramite il “role playing” o pratica recitativa. Il terapeuta cognitivo comportamentale può anche usare procedure di vario tipo che spaziano dal “dialogo socratico” alla ristrutturazione cognitiva per permettere al paziente di identificare, ed esaminare criticamente, e quindi modificare, sia i propri processi cognitivi sia i comportamenti non funzionali ai suoi scopi. Infine, il terapeuta può adottare specifici atteggiamenti interpersonali all’interno della relazione terapeutica, per consentire al paziente una correzione dei suoi schemi interpersonali di base. Il trattamento pertanto è costituito da procedure di tipo maieutico e psicoeducativo, mentre il cambiamento nel paziente si assume sia legato a processi di apprendimento e ristrutturazione.
Una volta eliminati tutti i “sintomi” ed acquisiti comportamenti alternativi, comprese le consonanti strutture cognitive, dovrebbe essere eliminato il disturbo. Nuovi atteggiamenti del soggetto nonché i vantaggi dei nuovi comportamenti dovrebbero stabilizzare i cambiamenti ottenuti.
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