LA FORZA DEI LEGAMI
Bisogna inoltre tenere in considerazione che la terapia della Gestalt tende ad esaltare il ruolo dell’individuo come tale; responsabile del proprio destino, separato e distinto dalle altre persone, spesso dando poca importanza e poco peso alle relazioni attuali importanti e agli effetti dei sistemi professionali, istituzionali e culturali di cui è parte.
Il linguaggio del cambiamento
Paul Watzlawick a proposito di questo aspetto della Gestalt, ne “Il linguaggio del cambiamento” scrive:
“Dietro a questa presa di posizione sta la credenza cieca nell’utopia che la convivenza umana sia possibile senza che gli individui esercitino uno sull’altro una qualsiasi influenza, o che per lo meno lo sia nel senso apparentemente così ideale, ad esempio, dell’assurda “Preghiera della Gestalt” : “I do my thing, and you do your thing…”. Da questo presupposto si deducono poi senza difficoltà forme terapeutiche trasudanti pseudo-onestà, cui continuum denominatore è l’asserzione di essere libere da ogni manipolazione”.
Il lato problematico, di questo atteggiamento, è che sottovaluta l’enorme resistenza e pressione, normativa e omologante, che la società, la religione e l’economia, presentano a chi intende assumere comportamenti veramente spontanei e genuini.
La Gestalt potrebbe, suo malgrado, offrire una promessa d’integrazione e libertà che è molto difficile raggiungere in questa nostra cultura e società, così come è oggi strutturata.
La conseguenza
La conseguenza può essere un rifiuto, talmente radicale di questa società, da creare dei nuovi disadattati sociali di segno diverso, o da persone che riescono a trovare un contatto solo con altri che hanno avuto le stesse esperienze chiudendosi e isolandosi, paradossalmente, dagli altri.
Alcuni dei limiti elencati sono lucidamente riconosciuti anche da terapeuti gestaltisti. James Simkin afferma ad esempio:
“Considero la terapia della Gestalt un trattamento ottimale per persone che sono sempre nella loro testa; d’altra parte esito a scegliere la terapia della Gestalt per le persone assuefatte a passare all’azione impulsivamente, cioè che non pensano o non sperimentano pienamente il proprio comportamento”.
Inoltre egli riconosce anche che nel lavoro di gruppo esiste il problema che il terapeuta, divenendo troppo attivo, ponendosi un po’ troppo come l’esperto e il mago, favorisca la passività del gruppo stesso e provochi in alcuni la tendenza a diminuire l’autosostegno e a dipendere troppo dall’abilità del terapeuta.
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“I do my thing, & you do your thing. I am not in this world to live up to your expectations, and you are not in this world to live up to mine. You are you and I am I, and if buy chance we find each other – it is beautiful. If not it can’t be helped.”
Fritz Perls – A Gestalt Prayer , (1969)