La Gestalt non terminata

Non solo il nostro organismo, ma anche la nostra vita di relazione, si compone di un numero infinito di situazioni irrisolte che chiedono di essere risolte, completate, chiuse.

La lentezza eccessiva o la paralisi di questo meccanismo, si configura necessariamente come fonte di disagio per l’individuo, mentre inevitabilmente, un comportamento sano sarà caratterizzato da una buona elasticità e dalla capacità di passare di Gestalt in Gestalt chiudendole e andando oltre.

Il concetto di Gestalt non terminata implica che una persona non può essere disponibile ad un altro tipo di esperienza, se non quando avrà portato a termine le esperienze incomplete della sua vita.

Finché la Gestalt non sarà terminata, la persona tenderà a ripetere compulsivamente certe risposte, o comunque, ad essere disturbata da una serie di interferenze.

Formazione e distruzione di Gestalt

In pratica, quando questo processo di formazione e distruzione di Gestalt è bloccato o irrigidito a qualsiasi stadio, quando i bisogni non sono riconosciuti o espressi, l’armonia, flessibile e fluttuante, che regna nel campo organismo-ambiente viene disturbata.

I bisogni insoddisfatti formano Gestalt incomplete che reclamano a gran voce attenzione.

Di conseguenza, interferiscono con la formazione di nuove esperienze e con l’appagamento di nuovi bisogni, in pratica, per dirla con Hobbes:

“la vita è un movimento incessante che quando non può proseguire per linea retta si trasforma in moto circolare”.

L’individuo nevrotico

L’individuo nevrotico è, dunque, quello che interrompe dei processi vitali in atto e si carica di un cumulo di situazioni non finite, che lo limitano nel suo orientamento e nella sua libera espressione nell’ambiente.

Dunque, come abbiamo visto, le situazioni non finite assorbono gran parte della nostra attenzione e della nostra energia.

Queste situazioni ci impedendoci di prendere pieno contatto con il resto del campo ambientale (con lo sfondo).

Impedendoci anche di far sorgere nuove energie vitali perché bloccati in tentativi ripetitivi che mirano a dominare una situazione difficile o un conflitto irrisolto.

Se poi queste situazioni incompiute vengono, come estremo meccanismo di auto-protezione, escluse dalla consapevolezza (che è, infatti, un concetto e un obbiettivo fondamentale per la psicoterapia della Gestalt), il risultato sarà la formazione di sintomi nevrotici e di un carattere nevrotico che denuncia, drammaticamente, una mancanza di autenticità che l’ambiente ha imposto o che il soggetto si è auto-imposto.

In pratica il sintomo è, per questo approccio terapeutico, un’emozione non espressa, una mancanza di consapevolezza, un atto mancato.

Ed a questo punto possiamo tornare, per un momento, ad una radice filosofica del pensiero gestaltico e cioè al pensiero di F. Brentano (1874) che per primo gettava le basi per una psicologia fondata sull’atto, sulla consapevolezza, sull’intenzionalità, quest’ultima intesa come l’atto che rapporta il soggetto all’oggetto.

L’oggetto ha realtà sua propria, ma diviene esistente, in sede psichica, solo quando un atto rapporta ad esso l’essere umano, la psicologia dell’atto convoglia quindi l’attenzione verso il soggetto, verso il suo mondo e verso i dati immediati (qui ed ora) della sua esperienza.

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Dott. Donato Saulle

Psicologo Milano Donato Saulle
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