INTROIEZIONE
E’ il meccanismo nevrotico con cui incorporiamo norme, atteggiamenti, giudizi, modi di pensare che non sono veramente nostri ma che facciamo nostri prendendoli da altri. Naturalmente potremmo qui parlare di tutte le ingiunzioni parentali, degli interdetti espliciti e impliciti, delle norme, dei tabù, del conformismo sociale, delle stesse ideologie.
Non si tratta certo di opporsi al fatto, inevitabile e indispensabile, per cui il bambino cresce assimilando idee e comportamenti che trova nell’ambiente. Si tratta di verificare se nella vita dell’adulto appaiano o meno dei meccanismi di sofferenza rivelatori di cattive introiezioni. Questi meccanismi potrebbero essere la rigidità, la compulsività, la paura del nuovo, le idee stereotipate, l’acriticità.
Perls considera quindi che: “ il pericolo dell’introiezione è duplice. In primo luogo, l’uomo che introietta perde la possibilità di sviluppare la propria personalità giacche è occupatissimo a tenere a bada i corpi estranei alloggiati nel suo sistema. Quanti più introietti si accolla, tanto meno spazio gli rimane per esprimersi o persino per scoprire il suo vero essere. E in secondo luogo l’introiezione aiuta la disintegrazione della personalità. Se inghiottite per intero due concetti incompatibili forse vi troverete dilaniati nel tentativo di conciliarli“.
Perls non descrive certo in questo punto qualcosa di nuovo. Nel concetto di Super-io di Freud si ritrovano ampiamente le osservazioni fatte sopra. Questa concettualizzazione dei meccanismi di fuga, una delle sue poche concettualizzazioni teoriche di tutta la sua opera gli serve essenzialmente per orientare la prassi terapeutica.
Vedremo quali risorse proporrà la terapia attraverso la drammatizzazione, il dialogo tra diverse parti di sé, con l’obbiettivo che il paziente diventi consapevole del “copione di vita” che ha introiettato e che magari continua a recitare senza esserne consapevole.
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