Implicazioni per la natura della “patologia” e del trattamento
Una delle implicazioni più importanti di questo modello consiste nel chiarire che la patologia è in realtà espressione di salute e creatività basata sulle particolari idiosincrasie nel campo in cui la persona si è sviluppata.
La patologia è, in un certo senso, una prova di apprendimento effettivo e di immagazinamento nella memoria. Ma paradossalmente essere anormale è normale.
Una risposta sana
Per parafrasare Szasz (1981), la malattia è una risposta sana ad una società non sana.
Più precisamente, la risposta a partire dall’esperienza e dalla memoria procedurale e senza consapevolezza è normale e funziona in modo intuitivo.
Kahneman (2002) ha così convincentemente mostrato questo con i suoi studi.
La nostra incapacità di cambiare non necessita chiaramente, e forse non dovrebbe, di essere considerata come un effetto di “malattia mentale” ma piuttosto come un “progetto mentale”.
In questo contesto, i tre tradizionali scopi principali della terapia della Gestalt sono tremendamente importanti:
(a) portare la memoria procedurale a consapevolezza,
(b) permettere o facilitare lo sviluppo di nuove opzioni procedurali e comportamentali,
(c) creare la possibilità di includere nella dimensione dell’inconsapevolezza nuove memorie procedurali.
Questa analisi della struttura caratteriale suggerisce che vi sia un livello di emozione ottimale che facilita il processo di consapevolezza della memoria procedurale, e, conseguentemente, il cambiamento.
Livello di eccitamento
Se il livello di eccitamento è troppo basso,
l’apprendimento e il cambiamento tendono a non verificarsi poiché vi è poca consapevolezza degli aspetti procedurali di ciò che una persona sta compiendo.
Se il livello è troppo alto, vale lo stesso.
Uno dei primi fallimenti di alcune branche iniziali della terapia gestaltista, che fraintesero i concetti di Perls, risiedeva nell’alto valore attribuito alle emozioni sperimentate ed espresse ad alto livello.
Questo approccio ha prodotto “molto calore ma poca luce”
(R.W. Resnick, comunicazione personale, 2001)
poiché i pazienti venivano a volte traumatizzati e lasciati senza cambiamenti nell’iterazione della terapia della Gestalt, che favoriva approcci di confronto, evocativi e manipolativi.
Inoltre, com’è stato suggerito più sopra, il centro della terapia è spesso mal identificato nel contenuto dell’esperienza poichè affascinante per il terapeuta, che è mosso da curiosità.
Invece gran parte dei disordini caratteriali o di personalità sono basati sulla memoria procedurale, come i disordini dell’umore, ossessivo-complusivi, le ansie e le fobie.
Il modello
Il modello proposto in questo articolo è allora utile se si fa riferimento ai disordini legati all’ansia, come lo stress post-traumatico (PTSD), legato all’incapacità di assimilare un’esperienza traumatica (una memoria episodica) mentre le procedure di rottura del processo di assimilazione sono profondamente incorporate come una parte della nostra memoria procedurale.
Perciò, ci aspetteremmo ciò che viene riportato dalla letteratura (Davis & Breslau, 1994; Tedstone & Tarrier, 2003), cioè che alcune persone saranno più suscettibili di altre agli effetti del trauma.
È interessante notare che le ricerche correnti (Jones, Griffiths, Humpris, & Skirrow, 2001) rivelano che la memoria lucida e più accurata di eventi fattuali, anche i più spiacevoli, serve a proteggere gli individui dallo sviluppo di PTSD, in quanto permettono di verificare le loro esperienze e memorie.
Ciò costituisce una ripresa di ciò che è stata precedentemente discusso in relazione all’importanza dello “stato” in cui l’apprendimento e la memoria si verificano.
I sintomi
A partire dalla prospettiva per cui i “sintomi” del cliente sono derivati dall’interazione naturale del miglior tentativo da parte dell’organismo di adattarsi ad un ambiente non ideale, il terapeuta ha un più ampio campo di azione e prospettiva da cui intervenire.
Invece di occuparsi della tradizionale domanda terapeutica legata al “perché” il paziente si comporta come si comporta, il terapeuta sarà più interessato a “cosa” il paziente pensa, sente e fa, e “come” il paziente porta a termine ciò che fa.
La questione di come una procedura si sviluppa e a quale scopo è finalizzata assume un’importanza centrale (come suggerito dalla teoria adleriana).
Il terapeuta cerca modelli procedurali ripetitivi (comportamentali, cognitivi, affettivi) che si verificano nel tempo.
Il terapeuta si occupa ora di cercare modalità per portare a consapevolezza ciò che era “al di fuori della consapevolezza”,
in un modo tale che il processo resterà nella dimensione consapevole almeno temporaneamente e sarà riconoscibile da parte del cliente al suo occorrere.
Ovvero, coerentemente con la basilare definizione di consapevolezza in terapia della Gestalt, conoscere e acquisire ciò che si sta facendo mentre lo si sta facendo.
Processo terapeutico
Questo processo terapeutico richiede che il terapeuta sottolinei e renda esplicito in cosa consiste il processo, dalla prospettiva dell’esperienza personale del cliente,
ascoltando e osservando con attenzione in modo da fornire al cliente un feedback su ciò che egli potrebbe compiere al di là della memoria esplicita (episodica e semantica)
con piena consapevolezza e controllo.
Un modo di compiere ciò consiste nel suscitare nel cliente un po’ di sorpresa in modo da rendere l’apprendimento più esplicito ed efficace.
Ad esempio,
il terapeuta può assicurarsi che egli registri una reazione appropriata all’emozione della situazione o risponda con una reazione in grado di rendere la situazione più chiara,
invece di lasciare che la storia proceda in consonanza con l’accettazione procedurale da parte del cliente di aspetti della storia che potrebbero nei fatti risultare scioccanti per molte persone.
Può essere utile l’applicazione delle ben documentate scoperte di Recorla e Wagner (1972) per le quali l’apprendimento aumenterebbe in proporzione alla rilevanza della differenza tra ciò che ci si aspetta e ciò che si verifica effettivamente.
Se il terapeuta risulta eccessivamente accomodante e risponde in un modo atteso dal paziente (ad esempio, con sentimenti simili a quelli del cliente),
il cliente trascurerà aspetti importanti della situazione applicando la percezione o la risposta non efficace appresa proceduralmente.
A volte il terapeuta può aver bisogno di aiutare ad educare, provvedere e\o identificare una nuova memoria episodica.
Ciò porterà a sua volta ad una nuova memoria semantica, che può condurre ad una nuova memoria procedurale “al di fuori della consapevolezza”.
Psicologo Milano – Psicoterapeuta – Via San Vito,6 (angolo Via Torino) – MILANO – Cell. 3477966388
Fonte:
LA STRUTTURA DEL CARATTERE: UNA TEORIA COGNITIVA DELLA GESTALT