Relazioni infantili, sincronicità e carattere

Intuitivamente noi siamo consapevoli dell’importanza, per lo sviluppo del bambino, della figura di chi lo alleva, soprattutto della madre. In base a risultati di ricerche, ora comprendiamo l’impatto ben più profondo di questa relazione sullo sviluppo a lungo termine e sul funzionamento adulto.

Si sa che nell’utero il feto risponde ai movimenti, alla dieta, alla voce della madre, e così via. È anche molto noto che gli infanti rispondono riflessivamente alla loro madre fin dalla nascita. Ad esempio, un infante preferirà la voce della madre ad ogni altra voce e si girerà a succhiare seguendo la voce della madre. Gli infanti reagiranno anche all’odore del latte della propria madre più che al latte di altre donne. Larson (1998, pp. 213-14) ha riportato dati sulla tribù nativa degli indiani Lakota per i quali, se entro la prima ora di vita la madre pone la mano sopra la bocca dell’infante fino a che il neonato non smette di piangere, oppure inizia a soffocarlo, l’infante non piangerà mai più. Questa procedura è compiuta a causa della necessità di silenzio durante la caccia, che è indispensabile alla sopravvivenza. Questa usanza, comunque, insegna al bambino – e di conseguenza all’adulto – il valore ultimo del silenzio e riduce la comunicazione e l’espressione aperta dei sentimenti. Queste forme di apprendimento sono esempi potentemente esplicativi della memoria procedurale.

La “prima” relazione è importante poiché i modelli di interazione tra infante e adulto formano delle strutture o procedure iniziali di interazione che forniscono una base importante per l’emergere del sé e della rappresentazione di oggetti. Essenzialmente, ciò determina il modo in cui noi interpreteremo il mondo o un dato campo. L’apprendimento infantile attraverso interazioni con gli adulti organizza il sorgere della nostra esperienza, il nostro esserne affetti, e le nostre attese (Beebe, Lachmann, & Jaffe, 1997).

Bowlby (1969), il padre dell’attaccamento, ha osservato che “l’attaccamento ci caratterizza dalla culla alla tomba”. La sua teoria dell’attaccamento sostiene che i bambini sicuri e insicuri filtrano le informazioni in modo attivo e differenziato. Di conseguenza, evocano selettivamente risposte da altre persone e selezionano nicchie secondo una modalità coerente con le loro relazioni originarie di attaccamento, sicure o insicure. Le interazioni originarie adulto-infante influenzano perciò la percezione del mondo per tutta la vita. Bowlby (1980) ha descritto questo fatto nel suo “modello di elaborazione interna”, per il quale una serie di attese derivano da esperienze originarie con gli adulti, legate alla disponibilità di figure di attaccamento e la probabilità che queste figure fornissero sostegno durante momenti di stress. Questo modello interno diventa una guida per tutti i rapporti stretti futuri. Perciò, le nostre prime relazioni determinano il corso delle relazioni interpersonali e, in generale, la traiettoria di sviluppo e le scelte della nostra vita. Belsky, Spritz e Crnic (1996) hanno studiato bambini con legami di attaccamento sicuri e insicuri e hanno osservato la loro attenzione e la loro memoria di eventi positivi o negativi. A 12 mesi di età i bambini sono stati classificati in relazione all’attaccamento sicuro o insicuro, all’attenzione e al ricordo di eventi positivi o negativi. Lo studio ha riscontrato che l’attenzione per gli eventi era la stessa per i bambini con legami di attaccamento sicuri o insicuri. In ogni caso, in termini di memoria, è stato accertato che gli infanti con attaccamento di tipo sicuro ricordavano più eventi positivi, mentre gli altri più eventi negativi. È chiaro che, se anche i bambini con differenti storie di attaccamento hanno le stesse esperienze obbiettive, essi possono esperirle in modo abbastanza differente. In effetti, bambini che sono preparati a sperimentare dolore e dispiacere come risultato della loro educazioni, e che ricordano selettivamente esperienze negative piuttosto che quelle più positive, più probabilmente si comporteranno in modi coerenti rispetto a tali aspettative. Il contrario potrebbe essere vero di bambini preparati, dalle loro esperienze, a ricordare in modo selettivo esperienze positive.

Gaensbauer (1995) ha offerto un resoconto del suo lavoro con cinque bambini vittime di trauma durante il loro sviluppo pre-verbale. Egli ha mostrato come questi bambini abbiano la capacità di codificare e conservare rappresentazioni interne significative degli elementi salienti dell’esperienza traumatica nella seconda metà del primo anno di vita. Ciò indica che ancora prima dell’inizio del linguaggio, può essere osservata una sintomatologia coerente rispetto ai criteri diagnostici post-traumatici tradizionali.

Gli adulti possono ricordare e reagire in base a ciò che hanno sperimentato all’inizio della loro vita. Possono aver perso l’accesso al ricordo originale, ma la memoria è codificata in modo procedurale e senza consapevolezza. La questione non riguarda tanto il tipo di esperienza, ma in che misura il comportamento sia stato adattivo rispetto al campo in età adulta.

L’importanza dei concetti e della ricerca considerati finora consiste nel fatto che sono stati descritti sia lo sviluppo che la funzione operazionale del carattere come sistema dalla dinamica responsiva modificato dalla memoria procedurale, che ha un impatto sul processo corrente.

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Dott. Donato Saulle

Psicologo Milano Donato Saulle
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Psicologo Milano – Psicoterapeuta – Via San Vito,6 (angolo Via Torino) – MILANO – Cell. 3477966388blu psicologo milano

Fonte:
LA STRUTTURA DEL CARATTERE: UNA TEORIA COGNITIVA DELLA GESTALT