LA RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA NELLA FOBIA SOCIALE

La ristrutturazione cognitiva si basa sul razionale che l’ansia non è generata da eventi o situazioni particolari, ma deriva piuttosto da un assetto cognitivo improntato all’amplificazione peggiorativa.

Di conseguenza, lo scopo della ristrutturazione cognitiva è quello di far sì che il paziente acquisisca e impari a utilizzare un set di abilità cognitive da applicare nelle diverse situazioni sociali che generano ansia.

Gli obiettivi

Secondo alcuni autori che hanno utilizzato il procedimento della ristrutturazione cognitiva nel contesto di un protocollo di esposizione a stimolazioni ansiogene, cinque sono gli obiettivi da conseguire:

1 – Raggiungere la consapevolezza che le proprie convinzioni possono essere modificate.

2 – Raggiungere la consapevolezza che alcuni pensieri e comportamenti ad esso correlati risultano maladattativi

3 – Acquisire abilità atte a consentire l’identificazione delle distorsioni cognitive.

4 – Raggiungere la consapevolezza delle correlazioni esistenti tra pensieri maladattativi e ansia.

5 – Acquisire abilità atte a provocare e risolvere pensieri maladattativi.

La fase iniziale

Nella fase iniziale lo psicoterapeuta propone pensieri maladattativi e ciascuno di questi viene accuratamente esaminato attraverso l’uso di una serie di domande; dopo questa fase di addestramento, viene chiesto al paziente di utilizzare come oggetto del procedimento di ristrutturazione cognitiva i propri pensieri maladattativi, mettendoli così in discussione secondo il procedimento attuato in precedentemente.

Il protocollo terapeutico

Il protocollo terapeutico prevede inoltre l’assegnazione di compiti a casa consistenti nel registrare tutte le situazioni di stress e i pensieri negativi che le accompagnano nella settimana successiva a quella della seduta terapeutica; nell’incontro seguente verranno esaminate e discusse tutte le distorsioni cognitive emerse nello svolgimento dei compiti a casa.

La seconda fase

In una fase ancora successiva i pazienti partecipano a esercizi con i quali dovrebbero imparare a mettere in discussione i pensieri maladattativi individuati precedentemente; ad esempio, ricorrendo a domande del tipo: è certamente cosi? quali evidenze esistono per tale conclusione? ecc.

La fase finale

Il passo finale consiste nell’elaborare una maggiore quantità di pensieri positivi in risposta a quelli maladattativi; anche in questo caso, un ruolo centrale sarà svolto dall’esecuzione di alcuni compiti.

A questo proposito, deve essere ricordato che anche le tecniche espositive possono indurre modificazioni negli stili cognitivi, determinando un miglioramento degli schemi maladattativi.

Tuttavia non è utile una comprensione intellettuale del disturbo, solo quello non serve, e può essere, anzi, fonte di ulteriore frustrazione.

Quello che è utile in questi casi è cercare di uscire dal cerchio chiuso della coazione a ripetere inserendo un elemento umano, cercando una modalità nuova e più sciolta di comunicazione.

Una delle possibilità è quella di sperimentare una nuova forma di relazione con un terapeuta, che si pone fuori dalla rete relazionale e sociale in cui la persona è inserita e che garantisca appunto il rispetto e la comprensione della propria esperienza e dei propri valori e orientamenti personali, che garantisca la riservatezza, il rispetto e la comprensione della propria storia.

“Utilizzo una modalità di intervento orientata a sviluppare le potenzialità umane e la riduzione del disagio nel rispetto delle inclinazioni e delle caratteristiche personali”

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Dott. Donato Saulle

Psicologo Milano Donato Saulle
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Psicologo Milano – Psicoterapeuta – Via San Vito, 6 (angolo Via Torino) – MILANO – Cell. 3477966388blu psicologo milano

Fonte:
OLTRE LA TIMIDEZZA – La fobia sociale
A cura di Giulio Perugi
Carocci Editore
Pubblicato per gentile concessione di Carocci Editore

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