LA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO – I COLORI
LA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO – I COLORI
Anche la filosofia e in particolare Schopenhauer, che è riconosciuto da Freud come ispiratore della psicoanalisi, si è occupata dei colori come fonte di rappresentazione del mondo.
Tra le esperienze che segnano la maturazione del sistema filosofico di Schopenhauer c’è senza dubbio anche l’incontro con Goethe che all’inizio dell’ottocento era all’apice della sua fama.
I due si conoscono a Weimar e stringono un forte sodalizio intellettuale, Goethe non era solo un grande letterato ma anche un appassionato di scienze naturali e nel 1810 aveva scritto un breve saggio sulla teoria dei colori
Il suo intento era contestare la teoria di Newton secondo cui i colori, in quanto onde, sono tutti i contenuti nella luce bianca.
Le due tesi
La sua tesi era invece che la genesi dei colori è nella polarità di luce e oscurità
Schopenhauer, stimolato da Goethe, prosegue questa riflessione sui fenomeni cromatici e nel 1815 scrive uno studio in cui prende pubblicamente posizione a favore del maestro, proponendosi però di completare il suo lavoro.
Goethe infatti, sostiene giovane filosofo, fa l’errore di partire dall’oggetto anziché dal soggetto, invece, secondo la tesi di Schopenhauer, la percezione dei colori dipende dalla struttura dell’occhio che vede.
Quando legge il manoscritto, poco propenso a farsi correggere dall’allievo, interrompe la loro collaborazione e Schopenhauer, deluso, pubblica autonomamente il saggio “Sulla vista e i colori”.
“Il mondo come volontà e rappresentazione”
Tuttavia l’amicizia tra i due lascerà il segno nel capolavoro filosofico di Schopenhauer “Il mondo come volontà e rappresentazione” che avrebbe visto la luce e da lì a pochi anni.
Il filosofo aveva certamente parlato con Goethe della direzione in cui si stava muovendo la sua riflessione e la sua metafisica riprende alcuni dei grandi temi che li univano, come la ricerca dell’elemento originario comune a tutti gli esseri viventi.
Non è un caso d’altronde che l’opera si apre proprio con una citazione di Goethe: “la natura umana non cerca forse in fondo sempre di conoscere se stessa?”.
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La psicologia del colore
parte dal presupposto che sebbene il colore abbia sempre circondato la specie umana e l’abbia influenzata fin da tempo immemorabile, è solo di recente che si è diventati abili a produrre e ad usare il colore come si fa oggi.
Prima del XX secolo, erano conosciuti solo pochi tipi di coloranti e di pigmenti, ed erano perlopiù di origine organica. Erano anche molto costosi, cosicchè i tessuti colorati, come i tendaggi, erano il privilegio delle classi ricche. Centinaia di migliaia di molluschi diedero la loro vita perchè un imperatore romano potesse indossare la sua tunica di porpora di Tiro, mentre i suoi sudditi dovevano accontentarsi di cotone o lino maltessuto, pelli o lane monocromatiche.
Solamente negli ultimi cento anni, o poco più, tale quadro è cambiato radicalmente, in primo luogo per la sintesi dei coloranti di anilina, poi per i derivati del catrame di carbon fossile, infine per gli ossidi dei metalli; oggi soltanto poche delle cose che si fabbricano sono lasciate nel loro colore originale, senza essere tinte o colorate in toto o in parte.
Quando guardiamo un quadro o una foto a colori, il significato psicologico del colore è ciò che ci colpisce meno perchè contemporaneamente molti altri fattori vi sono coinvolti – contenuto, equilibrio di foggia o forma, equilibrio dei colori, l’educazione o la competenza e l’apprezzamento estetico di chi guarda. E’ possibile, qualche volta, dedurre le caratteristiche di personalità di un pittore quando pone grande enfasi su uno o due colori, per esempio l’ossessione di Gauguin per il giallo nei suoi ultimi quadri; ma, in generale, quando si usano molti colori per creare un tutto, è il giudizio estetico che valuta il tutto e che determina se un’opera ci piace o no, piuttosto che la nostra reazione psicologica a particolari colori.
I singoli colori
In caso di singoli colori, è possibile essere molto precisi, specialmente quando i colori sono stati accuratamente selezionati in base alla loro diretta associazione con bisogni psico-fisiologici come sostiene Lüscher che ha creato un test cromatico particolare. In questo caso, per Lüscher, le preferenze per un colore o il rifiuto di un altro significa qualcosa di definito, e riflette la situazione in atto dello stato psichico o dell’equilibrio personale, o di tutti e due.
E’ comunemente noto come il colori abbiano una influenza sul’organismo; sono stati ad esempio condotti esperimenti nei quali si richiedeva ad alcune persone di fissare il colore rosso vivo per intervalli di tempo variabili; essi hanno messo in evidenza che questo colore ha un effetto decisamente stimolante sul sistema nervoso; aumenta la tensione arteriosa e la frequenza respiratoria e cardiaca.
Il rosso è, dunque, come è noto, un eccitante del sistema nervoso, mentre esperimenti analoghi con il colore blu hanno evidenziato un effetto contrario, il colore blu è quindi considerato calmante nei suoi effetti.
Nel test completo di Lüscher, ci sono sette differenti tavole di colori, contenenti in tutto 73 tipici colori consistenti in 25 sfumature o gradazioni, e che richiedono di operare 43 differenti selezioni. Il protocollo che ne risulta offre, secondo Lüscher, una ricchezza di informazioni concernenti la struttura psicologica, conscia e inconscia, di un individuo.
La vita dell’uomo è sempre stata regolata dal ritmo del giorno e della notte, dal buio e dalla luce. In effetti, la luce ci riscalda, mentre il buio tende a rallentare il nostro tono e il flusso circolatorio.
I colori caldi sono quelli della luce: rosso, giallo, arancione; i colori freddi vanno dal viola al verde, al blu. La luce agisce sulla respirazione, è una spinta al piacere, all’attività; il buio e la penombra inducono uno stato di difesa, di calma o di allarme.
Ma per tornare ora alla storia dell’arte possiamo dire che W. Kandinsky definisce il rosso: “vivo, acceso, inquieto”; il suo significato simbolico si connette fondamentalmente con il tema dell’energia vitale. Al polo opposto troviamo il blu che J.W. Goethe definisce “un nulla eccitante”, una contraddizione composta di eccitazione e di pace. Il giallo, sempre per Goethe, è “il colore più prossimo alla luce. L’occhio ne viene allietato, l’animo si rasserena: un immediato calore ci prende”.
Il verde scrive Kandinsky
“non si muove in alcuna direzione e non ha alcuna nota di gioia, di tristezza, di passione, non desidera nulla, non aspira a nulla.
E’ un elemento immobile, soddisfatto di sè, limitato in tutte le direzioni”.
Risultando dalla composizione di blu e giallo, il verde è descritto da Goethe come un colore statico ed equilibrato, dove “occhio e animo riposano su questo composto come se si trattasse di qualcosa di semplice. Non si vuole e non si può procedere oltre”.
Come sintesi di rosso e blu, il viola allude alla integrazione degli opposti e delle ambivalenze, il marrone si connette alla terra e al carattere ancestrale femminile e materno, il grigio, che Kandinsky definisce “immobilità desolata”, risulta dalla mescolanza del bianco e del nero senza essere nè l’uno nè l’atro.
Lüscher scrive che “si distingue per le negazioni. Non è ne colorato nè chiaro, nè scuro. Il grigio è il nulla di tutto, la sua particolarità è la neutralità più completa”.
Tuttavia è il colore anche considerato più elegante.
Il nero è dato dalla assenza totale di luce, è perciò connesso all’oscurità, al mondo delle ombre. Sempre Kandinsky lo definisce “qualcosa di spento come un rogo combusto fino in fondo, qualcosa di inerte che è insensibile a tutto ciò che gli accade intorno e che lascia che tutto vada per il suo verso”.
Il bianco è la fusione di tutti i colori dello spettro, in quanto non contiene alcuna dominanza che lo faccia propendere verso qualche colorazione, il bianco è il simbolo della purezza, quindi dell’innocenza. Kandinsky lo definisce come “un silenzio che non è statico, bensì ricco di possibilità, è un nulla giovane o, più esattamente, un nulla anteriore al principio, alla nascita.
Così risuonava forse la terra nei bianchi periodi dell’era glaciale”.
Nell’esperienza percettivo-emotiva i colori vengono spesso associati ai suoni per cui, ad esempio, i suoni alti richiamano generalmente colori chiari e i suoni bassi colori scuri;
in alcuni soggetti si verificano fenomeni di sinestesia (la sinestesia, detta anche sensazione secondaria, è un interessamento di altri sistemi sensoriali oltre a quello specifico) talchè simultaneamente all’ascolto, essi percepiscono determinati colori.
In psicologia C.G. Jung ha avanzato l’ipotesi che la preferenze individuale per determinati colori abbia corrispondenza con la funzione che ne caratterizza il tipo psicologico, perchè, a suo parere, l’azzurro corrisponde al pensiero, il rosso al sentimento, il giallo all’intuizione e il verde alla sensazione.
E infine bisogna ricordare la poesia di Rimbaud
“Inventai il colore delle vocali!
A nera,
E bianca,
I rossa,
O blu,
U verde.
Disciplinai la forma e il movimento di ogni consonante, e, con ritmi istintivi, mi lusingai d’inventare un verbo poetico accessibile, un giorno o l’altro, a tutti i sensi.
Fu all’inizio uno studio.
Scrivevo silenzi,
notti,
sognavo l’inesprimibile.
Fissavo vertigini”.
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