IL TEMPO DEL CAMBIAMENTO
Un’altra osservazione importante che è stata fatta alla terapia della Gestalt, riguarda la tentazione, che un terapeuta può subire, di tenere poco in considerazione il fattore tempo, che è essenziale negli esseri umani per qualsiasi trasformazione duratura.
Già Perls avvertiva: “La terapia della Gestalt decisamente ci ha viziati. Siamo troppo abituati ad eventi spettacolari, troppo abituati agli affioramenti improvvisi. L’autoespressione a volte può richiedere mezz’ora. Ma dobbiamo considerare anche un’altra possibilità; che un’evoluzione possa richiedere settimane o mesi. In altre parole: la guarigione non è immediata”.
Ma anche nei terapeuti esperti la tentazione di dirigere, o spingere, il paziente verso una posizione di pieno autosostegno, troppo velocemente, troppo presto, può essere forte e può sfociare in una pseudo-integrazione e in una conseguente delusione.
In molti pazienti, abbandonare le proprie immaturità è un processo lungo e noioso, con provvisorie sortite e rischiose ritirate, e richiede la presenza e il sostegno costante del terapeuta.
Come i genitori possono pregiudicare la maturità dei loro figli con richieste precoci di comportamento adulto, così il terapeuta può lasciare il paziente insicuro, rifiutando troppo presto il suo sostegno, magari per minimizzare il rapporto transferale.
Quindi la capacità di un buon terapeuta è quella di conoscere e capire il sistema di sostegno del paziente.
Come chiarisce Edward Smith “quando sono con un cliente, uno dei miei compiti è quello di stabilire nel modo più preciso possibile la fase di sviluppo in cui si trova questa persona. Qual è il suo grado di consapevolezza? E quale quello di coscienza? Dopo potrei lavorare con questa persona in un certo modo, in maniera diversa da come lavorerei con un’altra, che si trova in una fase di sviluppo avanzata.
Di questi tempi, quella categoria, che comprende il “paziente borderline”, ad esempio, è molto diffusa. Se lavoro con qualcuno che rientra in questa descrizione non tendo a creare frustrazioni. Devo essere molto cauto a non causare il lui frustrazioni. Se agissi nello stesso modo con un paziente nevrotico, sarei un negligente, farei una sciocchezza. […] La mia opinione a riguardo è che noi seguiamo molto il paziente borderline, gli stiamo accanto e lo sosteniamo, cosicché possa fare dei piccolissimi passi. Si tratta di un lavoro a lungo termine.
Non deve trarre in inganno il modo in cui Perls scelse di lavorare negli ultimi anni. Egli ci parlò del cambiamento in Terapia, da individuale a metodo di seminario e, sempre negli ultimi anni, del passaggio al metodo residenziale e comunitario. Alcune persone hanno da ciò concluso che la Terapia della Gestalt è un intervento veloce: si tratta di un’illusione”.
Psicologo Milano – Psicoterapeuta – Via San Vito,6 (angolo Via Torino) – MILANO – Cell. 3477966388