ABBI PAURA DELLA COSA GIUSTA – Psicologia e Buddismo

ABBI PAURA DELLA COSA GIUSTA

Psicologia e Buddismo

Tutti noi pensiamo che la paura sia terribile e dolorosa, ma i buddhisti – grandi maestri di psicologia per migliaia di anni – non includono la paura nella lunga lista delle afflizioni mentali descritta nell’Abidharma, l’insegnamento radice della psicologia buddhista.

La rabbia viene menzionata, l’impazienza pure.

Tante altre afflizioni ben conosciute vengono menzionate, ma non la paura.

Ho sempre pensato che ciò fosse abbastanza peculiare, ma se lo valutiamo da vicino andremo a comprendere perché ciò ha senso.

Essere liberi dalla paura è certamente molto elogiato nel Buddhadharma.

Uno dei tre tipi del dare è dare a qualcuno protezione dalla paura.

Ciò è l’essenza dell’abhaya, del mudra e della non-paura. Ed è questo il famoso gesto del Buddha quando tiene la mano in alto con il palmo rivolto verso l’esterno. Difatti, quando si diventa Buddha si è liberi dalla paura.

In circostanze normali, la paura non è un problema ed è per quello che non viene menzionata fra le afflizioni mentali.

La paura è una cosa salutare, in generale. È la consapevolezza del pericolo. È protettiva, è ciò che ci aiuta a non avventurarci verso un leone affamato.

Perciò, la paura è di aiuto nel quotidiano.

La paura è anche di aiuto nel senso buddhista nel suo aspetto di paura della sofferenza come rappresentato nella Prima Nobile Verità.

La verità della sofferenza non è una profezia apocalittica. Non è l’espressione di un inevitabile destino. Al contrario, ci mette in uno stato di allerta verso il fatto di non comprendere chi siamo realmente.

Siamo allucinati circa la sofferenza. Dovremmo essere consapevoli della sofferenza. Dovremmo essere spaventati dalla sofferenza. Altrimenti, perché dovremmo mai occuparci della sofferenza?

La paura ci spingerà verso la comprensione del mondo e di noi stessi e, quando lo facciamo, arriviamo all’apprezzamento della Seconda Nobile Verità: la sofferenza si radica nell’abitudine di fabbricare un sé assoluto.

Attraversiamo la nostra vita essendo “assoluti”, come se nient’altro fosse importante, ma possiamo anche osservare quest’abitudine e imparare che così non funziona.

Possiamo sviluppare la concentrazione profonda, la meditazione univoca e liberarci alla fine dalla profonda concezione dell’io assoluto, in contrapposizione a tutto e tutti.

Se non superiamo questa concezione del sé assoluto, discenderemo nei reami inferiori dell’esistenza.

E questo è davvero degno di paura.

La Terza Nobile Verità è Nirvana – il fatto che sia possibile liberarsi dalla sofferenza pur rimanendo vivi.

Tante persone pensano di potersi liberare dalla sofferenza in modo permanente semplicemente alla morte, ma la Terza Nobile Verità ci insegna che è possibile essere liberi dalla sofferenza e vivere lo stesso.

Ed è questa l’ultima intrepidezza, la non-paura.

E il Buddha ci offre i mezzi per realizzare ciò nella Quarta Nobile Verità, che descrive un processo educativo di studio, concentrazione, meditazione e cambiamento dello stile di vita.

Se seguiamo questo sentiero, possiamo raggiungere uno stato in cui essere connessi alla nostra propria nobiltà e a quella degli altri.

Realizziamo che non esiste un sé assoluto, realizziamo che il sé esiste in un modo relazionale e flessibile.

Comprendiamo noi stessi come intrecciati con l’universo.

Abbiamo ridotto il nostro senso di isolamento e alienazione dagli altri, l’essere sconnessi dal mondo.

Abbiamo così incrementato e intensificato il nostro senso di essere connessi con il mondo. Non temiamo questo essere connessi.

Si dice che è l’ignoranza che ci fa temere ciò di cui non dovremmo avere paura e di non temere ciò di cui invece dovremmo avere paura.

Normalmente abbiamo paura dell’essere connessi ma è proprio l’essere non-connessi che dobbiamo averne paura.

Iniziare con il giusto genere di paura è la via all’abbandono della stessa.

Robert Alexander Farrar Thurman

“Utilizzo una modalità di intervento orientata a sviluppare le potenzialità umane e la riduzione del disagio nel rispetto delle inclinazioni e delle caratteristiche personali”  

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Fonte:
Robert Alexander Farrar Thurman
Robert Alexander Farrar Thurman è uno scrittore, accademico e monaco buddhista statunitense, che ha scritto, curato e tradotto numerosi libri sul Buddhismo tibetano.
È docente di studi buddhisti indo-tibetani Je Tzong Khapa alla Columbia University, cofondatore e presidente della Tibet House di New York e attivista anti-cinese per la libertà del Tibet.