LA PSICOLOGIA COGNITIVA – Il trattamento cognitivo dei disturbi emozionali

La Psicologia Cognitiva

si basa su indagini sperimentali e ha influenzato profondamente, negli ultimi decenni, la psicoterapia e la psicologia clinica.

E’ necessario fornire una definizione di sistema cognitivo.

Con il termine cognizione ci si riferisce a quelle funzioni che permettono all’organismo di raccogliere informazioni dal proprio ambiente, di analizzarle, valutarle, trasformarle per poi utilizzarle per agire nel mondo circostante. In termini finalistici ed evoluzionistici, la cognizione permette di adattare il comportamento dell’organismo alle esigenze dell’ambiente o di modificare l’ambiente in funzione dei propri bisogni. L’analisi delle funzioni cognitive, che sono: percezione, intelligenza, ragionamento, giudizio, memoria a breve e a lungo termine, rappresentazioni interne, linguaggio, pensiero, può essere condotta a livello strutturale quando si vogliono spiegare le “modalità” del funzionamento, o a livello “dinamico” quando si vogliono spiegare le ragioni di un certo funzionamento.

Quindi per sistema cognitivo si intende sia l’intera gamma di funzioni e meccanismi che permettono di elaborare pensieri, sia il contenuto dei pensieri medesimi.

La premessa alla base delle teorie cognitive e della psicologia cognitivista inerenti i disturbi emozionali è che una disfunzione deriva dall’interpretazione personale dei singoli eventi. I comportamenti e l’emergere dei sintomi connessi a tali interpretazioni personali contribuiscono inoltre al mantenimento del problema emozionale stesso.

Uno degli approcci più importanti della psicologia cognitiva si fonda sul principio che i “pensieri irrazionali” siano la fonte del disturbo emozionale e delle sue conseguenze comportamentali. I pensieri irrazionali consistono essenzialmente in imperativi (“devo”), comandi e presupposti che conducono a elaborazioni illogiche dei disturbi emozionali. Tali credenze vengono spesso rinforzate dalla società o dal sistema relazionale in cui è inserito il soggetto che ne soffre. Tali convinzioni e assunzioni diventano poi rappresentazioni relativamente stabili della coscienza immagazinata nel sistema di memoria e vengono chiamate “schemi”. Con il termine “schema” si indica una struttura che una volta attivata influenza il processo di elaborazione dell’informazione modellando le interpretazioni delle esperienze e condizionando il comportamento. I difetti di elaborazione dell’informazione nei disturbi emozionali si evidenziano nelle credenze, nelle distorsioni cognitive e nei pensieri automatici negativi del paziente ed è quindi opportuno che vengano sistematicamente confutate nel corso delle sedute terapeutiche.

La terapia cognitiva ha come fulcro il problema sintomatologico del paziente; il sintomo che porta in seduta. Il trattamento si ispira a un approccio empirico di collaborazione in cui paziente e terapeuta lavorano insieme, mossi da mentalità scientifica, con lo scopo di risolvere gli aspetti concreti del problema. Si presuppone quindi che l’uomo sia un essere fondamentalmente razionale. In questo modello non è previsto il concetto di inconscio che viene considerato un costrutto teorico non scientifico e che quindi, semplicemente, non esiste. Il monitoraggio continuo dei sintomi del paziente è un modo per verificare le ipotesi riguardanti i fattori che favoriscono il mantenimento dei problemi del paziente e per valutare gli effetti degli interventi terapeutici. Semplici esperimenti, sotto forma di strategie comportamentali, sono impiegati come mezzo per far comprendere al paziente l’approccio cognitivo e per testare pensieri e convinzioni disfunzionali. Gli esercizi da realizzare a casa sono una parte essenziale del trattamento, i pazienti, infatti, vengono incoraggiati a svolgere specifici compiti tra una sessione terapeutica e l’altra.

Nella psicologia cognitiva, la terapia è un trattamento guidato concettualmente, in accordo con la valutazione che il terapeuta fa del caso. Una vasta gamma di tecniche cognitive, interpersonali, comportamentali viene utilizzata a tal fine; molte di queste tecniche sono comunemente usate in altri ambiti clinici ma qui sono impiegate solo se si giustificano, all’interno della concettualizzazione cognitiva dei casi, come strumenti adeguati e utili. Queste procedure sono spesso proposte per scopi precisi e modificate in modo da massimizzare i cambiamenti cognitivi a livello di convinzioni o giudizi.

E’ possibile considerare la terapia cognitiva come un processo educativo, dove le nuove informazioni vengono proposte in maniera didattica, anche se la modalità principale di presentazione resta quella del metodo socratico, vale a dire una serie di domande volte a sondare la comprensione e l’esperienza del paziente e a rimodellare le sue interpretazioni e le sue credenze. Il dialogo socratico ha il vantaggio di instaurare un clima di collaborazione e permette di raggiungere una conoscenza dettagliata della “realtà interna” del paziente, primo, fondamentale traguardo verso l’effettiva modificazione dei contenuti mentali. Il metodo socratico consente al paziente di raggiungere una maggiore consapevolezza degli aspetti distorti nella elaborazione cognitiva e permettere all’individuo di occupare un ruolo attivo nella modificazione del suo comportamento e dei suoi pensieri.

La terapia cognitiva classica consiste in 10-15 sedute a cadenza generalmente settimanale, le sedute iniziali di un trattamento di psicologia cognitiva devono essere dedicate alla valutazione e alla concettualizzazione del caso, alla formalizzazione del rapporto con il terapeuta e all’introduzione del modello cognitivo. Con il progredire del trattamento, l’enfasi si sposta sulla modificazione dei comportamenti e delle cognizioni coinvolte nel mantenimento del disturbo. Nella fase iniziale l’attenzione è focalizzata sui sintomi che la terapia si propone di alleviare. Una volta alleviati i sintomi il trattamento può concentrarsi sulle cause sottostanti, concettualizzate come fattori di rischio in quanto predispongono a eventuali ricadute. La conclusione del lavoro segue un andamento graduale, in quanto al completamento delle sedute settimanali seguono alcune sedute di mantenimento più diluite nel tempo. Si consigliano, inoltre, controlli longitudinali a 6-12 mesi dal termine del trattamento, per accertare il mantenimento nel tempo dei vantaggi terapeutici. Questo come impostazione puramente teorica dal momento che, ovviamente, la specificità dei fattori individuali, l’eventuale cronicità del disturbo, la forza di eventuali benefici secondari sul disturbo primario, può richiedere modifiche allo schema proposto che inoltre non può essere applicato su disagi di struttura complessa e di natura organica.

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Dott. Donato Saulle

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Tratto da:
A. Wells, Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia – Ed. McGraw-Hill, Coll. Psicologia
https://www.youtube.com/watch?v=n1HlSezYyzs” target=”_blank”>The ACT Therapist

www.youtube.com/watch?v=n1HlSezYyzs
Tag: psicologia, psicologia clinica, psicologia cognitiva

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